«Mathildis Dei gratia si quid est, omnibus in Theutonicorum regno commorantibus, salutem.» Questo è l’attacco della prima delle due lettere superstiti di Matilde di Canossa. E’ dell’anno 1084 ed è una circolare rivolta a tutti i tedeschi contro l’imperatore Enrico IV che “falsus rex furto subripuit sygillum domni papae Gregorii” ovvero era entrato in possesso doloso del sigillo di papa Gregorio VII, con possibilità quindi di falsificarne gli atti.
Vi chiederete il motivo di questo avvio così aulico. In realtà, devo occuparmi di questioni ben più volgari, che non avrebbero ragion d’essere, se oggi l’ignoranza non dilagasse, e particolarmente in ambito francigeno. Da terzi, che per ruolo sociale non son tenuti a conoscere la storia (anche se male non gli farebbe), son venuto a sapere che, da qualcuno che non conosco e non voglio conoscere, ma che pare vanti conoscenze storiche, è stato pubblicamente affermato che il termine "teutonico" avrebbe, per i tedeschi, un connotato negativo, e che quindi, in estremo, sentendo chiamare “via Teutonica” la Romweg del Brennero, si potrebbero anche offendere.
Simili sconcezze accadono perché quelli che contano in francigenis brancolano nel buio più nero e di conseguenza vedono nere tutte le notturne vacche hegeliane: mai baggianata più grossa fu sparata dal tempo in cui si osò affermare (Dio li abbia in gloria, ma solo dopo qualche millennio di Purgatorio, s’intende) che la via Francigena nasceva sotto un cavolo di Canterbury UK (they said the via Francigena was born under a cauliflower in Canterbury UK). Purtroppo, per il nostro ignoto milite dell’ignoranza, la parola teutonico fin dai tempi dell’impero franco è un denotatum che qualifica i franchi commorantes a est del fiume Reno (non quello di oltre Appennino, bensì quello d’Oltralpe). La stessa parola Deutschland, che definisce oggi il principale stato dell’Unione Europea, altro non è che la finale derivazione del termine Teutsch-land, ovvero Paese dei teutonici. Questo chi abbia un minimo di conoscenze di testi medievali lo sa bene e non a caso ho scelto, a mo’ di epigrafe, l’attacco della circolare di Matilde di Canossa, perché dovrebbe essere ovvio che la Gran Contessa non si rivolgeva ai tedeschi per prenderli per i fondelli.
Ora, non vi è chi non sappia che, se si vuole buggerare i tedeschi, si hanno e si son sempre avute dinanzi strade lastricate e ben dritte: oggi, con le rotondità demotivanti del Cancelliere o ieri con la Tomania di Adenoid Hinkel, ieri l’altro, da “fan Pasqua i lurchi nelle lor tane e poi calano a valle” ai baffi di sego in cagnesco degli ufficiali asburgici, nel medioevo poi troveremmo “e come là tra li Tedeschi lurchi” del padre Dante accanto alla storia tutta inventata dell’Est Est Est del vescovo Defuk, che sarebbe stato d’Oltralpe e finanche parente dei Fugger, se non fosse stato costruito ad arte da quelli di Montefiascone, con scopi politici, come ci racconta nei suoi due libri dedicati all’argomento l’amico Quinto Ficari. Ma far passare un denotatum anodino per un connotatum negativo, oltre che scientificamente scorretto, potrebbe anche essere un’operazione in malafede: mi ricorda tanto quando, nel post Sessantotto, l’attributo “fascista” rendeva tabù - senza se e senza ma - il destinatario dell’epiteto. Purtroppo per codesto milite ignoto neo-sessantottino, anche Matilde di Canossa è dalla parte della via Teutonica.
Fabrizio Vanni
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